Una volta si chiamavano fascisti…
Era chiaro: chi la pensava in un certo modo, inneggiava a certi personaggi e a certi periodi, detestava le persone di un certo colore, di una determinata provenienza o “razza”, riteneva che al mondo dovevano essere in pochi ed eletti, oltre che predestinati, usava la violenza verbale e fisica, veniva chiamato fascista. Adesso sono in molti a pensarla in un certo modo, a inneggiare a certi personaggi, a detestare qualcuno per il colore della pelle o la provenienza o la “razza”, a sentirsi predestinati, ecc., ma si chiamano in molti modi: Skinheads, Forza nuova, Ordine Nuovo, Naziskin, e molto altro.
Alcuni li abbiamo conosciuti dal video di Como, quando sono entrati con la solita irruenza di chi si sente muscoloso, nella stanza dove si svolgeva la riunione di un’associazione che si occupa di migranti. I personaggi in questione, hanno accerchiato i volontari e, con i soliti toni da ultimatum, hanno letto il loro delirante proclama.
Ciò che imbarazza e sconcerta, non sono solo i personaggi che appartengono a queste sigle ognuno dei quali poteva essere potenzialmente presente alla riunione dei volontari o che hanno gioito nel vedere il filmato, ma politici di lungo corso, da Salvini alla Meloni, che hanno definito una violenza del genere una specie di ragazzata. Il consenso, ancora una volta, ha la voce più grossa della verità e si traduce in una involuzione della ragione. O forse la pensano proprio come quelle zucche vuote? Molti altri, per fortuna, hanno condannato, e sono i più, senza resistere alle sirene della vergogna del consenso.
Sappiamo che questi gruppi, pur sotto spoglie diverse mai mentite o smentite, sembrano avere terreno fertile in certe zone di degrado culturale. Ma, se andiamo a fare una perlustrazione in giro per l’Europa, vediamo che i nazionalismi di certi stati appartenenti anche all’Unione Europea, o vicini ai nostri confini, ci dicono che il problema è ben più complicato e pericoloso di ciò che il gruppuscolo dell’altra sera voleva rappresentare. Paesi che, fin al 1989, erano segregati sotto un regime oppressivo, come l’Ungheria e la Polonia, ora esasperano i toni di appartenenza ad una nazione, a un popolo, alle sue radici e alle sue tradizioni. Non è la “destra” generalmente intesa a fare paura, ma l’estremismo della violenza e del sopruso, dell’odio a prescindere, della provocazione becera e gratuita, del linguaggio istigatore violento.
Uno si chiede se l’obiettivo di questi gruppi sia, oltre che svolgere azioni dimostrative, anche di sovvertire le leggi dello stato democratico, cancellare il Parlamento e la Costituzione. Oppure, per i nazionalismi, cercare di trovare consenso anche in altri stati e costruire un’altra Europa, fondata sul rifiuto dello straniero, ripristinando il mai cancellato odio verso gli ebrei, la condanna aprioristica del diverso e il continuo uso di strumenti di repressione. Il tutto fomentando i deboli nei quali, in una situazione di difficoltà economica e mancanza di identità, si può trovare terreno fertile.
Probabilmente gli anticorpi creatisi negli anni della pace dopo la drammaticità della guerra con milioni di morti, non sono talmente resistenti da costruire delle barriere culturali e democratiche. Bisogna difendere la Costituzione, condannare senza nessun tentennamento ciò che è successo l’altra sera e ciò che rappresentano e vogliono personaggi politici che usano gli stessi toni dei facinorosi.
La domanda dobbiamo porcela senza attendere perché il momento per la democrazia è difficile, e l’avanzare dei questi gruppi e dei nazionalismi deve indurci ad aumentare le difese immunitarie.