Saia-Bitonci: repressione senza educazione
Con la repressione, vera o presunta, propaganda e consenso sono più facili e immediati. E’ evidente che, nel lungo periodo, ciò non migliora il comportamento dei cittadini e quindi le regole devono essere aumentate, contorte, incomprensibili. In questo Saia e Bitonci sono maestri: tra ordinanze sindacali, regolamenti, ne sono state emesse tante, troppe. Ricordiamo quelle sull’ebola, sugli accattoni, sulle prostitute, sui bevitori di birre fuor dai bar, sui divietei di accesso alle bici e via dicendo. Conclusione: l’ebola non è mai arrivato in città, gli accattoni ci sono come prima se non più di prima, si beve lo stesso fuori dai bar, le prostitute e i loro miserabili clienti le vediamo tutti i giorni ai loro posti, purtroppo e per le biciclette il sindaco ha fatto dietrofront. Pochi sapranno che in Comune esiste un numero verde contro il bullismo.
Ora leggiamo un decalogo contro i ciclisti. Ci mancherebbe che questi venissero valorizzati perché non inquinano, non fanno rumore, non sono troppo pericolosi, rendono la città migliore e più serena. Diciamo che qua si sfiora il ridicolo repressivo volendo superare il codice della strada. Le regole ci vogliono, il loro abusarne con ordinanze e regolamenti dimostra che, nonostante ciò, non sono sufficienti e ci vuole ben altro per rendere migliore il comportamento dei cittadini. Tra l’altro alcune sono banali .
Ciò che è stato abbandonato dall’amministrazione è lavorare sul sistema educativo, formativo e preventivo come fosse, per Padova, un elemento obsoleto.Le scuole, le associazioni, le società sportive, le parrocchie che da sempre fanno prevenzione ed educazione non vengono contattate se non per contributi, lavori di manutenzione, meriti sportivi, ma mai per un lavoro sinergico. Anche le regole sono educative, ma non solo. E’ evidente che per i nostri due questi non sono problemi. Ma io chiedo: “Come sarà il futuro dei nostri giovani padovani? Che cosa si potrà garantire loro? Come fare il possibile perché le regole vengano rispettate? Come lavorare per tutti i cittadini per una prevenzione vera e anche per un’educazione che, in altri tempi, si diceva “permanente”? Il tempo ci insegna che una città ben governata non è una città che crea forzature utilizzando solo la repressione, condanne preventive, distrazione di massa sul diverso profugo o immigrato che sia, che crea paura. Una città che guarda al futuro, che guarda avanti, che suscita speranze e lavora per le generazioni future di tutte le provenienze, perché no, anche per quelle attuali e la città che finora non si è vista offuscata da insulti, violenze verbali, arroganza, supponenza e via dicendo. Penso a cosa sarebbe la nostra città se si risvegliasse piena di regole e di telecmere, ma senza anima. La strada è tracciata?