Roma, Rom, gli “italiani” e la politica
I Rom non li vogliamo! Non una novità la protesta di cittadini, in questo caso romani, che non vogliono una famiglia Rom nel proprio quartiere o nel proprio condominio, spodestata dalla sua baracca dopo uno sgombero. Quindi si continua: “Prima gli italiani”; “Questi rubano”; “Ci sono altre famiglie italiane che hanno bisogno”; “Non sono uguali a noi” e via dicendo. Questa è parte della fraseologia tipica che si sente generalmente pronunciare di fronte all’inserimento per diritto di una famiglia di etnia Rom anche se costituita da cittadini italiani.
La domanda è: “Chi ha più diritto e chi meno diritto?” Di fronte alle pesanti proteste, abbastanza usuali quando ci sono queste situazioni, forse qualche tentativo di porsi qualche domanda in più e, forse, cercare qualche altra risposta-controrisposta che non la solita dell’uguaglianza e dei diritti, che pur condivido. Io non credo che le famiglie che hanno protestato lo abbiano fatto a partire da una sola causa, quella della famiglia Rom. Penso, invece che a Roma, così come in molte altre città, manchi qualcosa di fondamentale a tutela delle persone, della loro dignità, ci sia un vuoto che finora la politica non è riuscita a riempire. Sembrerà banale, ma molte di quelle persone che protestano forse mancano di servizi essenziali, di socializzazione, talvolta hanno bassa scolarizzazione, sono senza lavoro, sono anziani e sono esasperate perché, probabilmente, i loro figli o nipoti rischiano, in questa situazione, di fare la loro stessa fine.
Attendono il reddito di cittadinanza? Forse anche no. Quindi la famiglia Rom, non è nient’altro che un innesco della protesta finora rimasta silente. Questa che protesta, che vive nelle grandi periferie ma anche nelle piccole città, è generalmente gente per bene, spesso povera e ha bisogno di vivere serenamente e dignitosamente. Tenta di uscire da una situazione di marginalità ma manca di strumenti. Trova “naturale”, quindi, scaricare la propria rabbia su chi, forse è più debole di loro, trasformandolo nel capro espiatorio del proprio disagio. Purtroppo, un disagio trasformato in odio e paura verso la famiglia Rom di turno da chi da anni lo fomento traendone misero consenso elettorale. Disagio cavalcato da qualche energumeno di Casa Pound e Forza Nuova che, ovviamente, alimenta la protesta e fomenta la paura perché solo questo sa fare.
Ma se si vuole governare questo nostro grande paese, il mio partito quello Democratico, sebbene all’opposizione, ha l’obbligo di cercare, trovare e comunicare le possibili risposte a chi sta peggio. Non perché è di “sinistra”, ma perché c’è gente che sta male e questo basta. Il problema della casa è primario, un welfare non assistenzialista, una strategia socio-urbanistica di miglioramento delle periferie, investimenti per il lavoro rilanciando un’alleanza con chi i posti di lavoro li crea. E, soprattutto, la Scuola, l’Istruzione, la Cultura, l’Università. Il futuro non può passare che da quelle parti, senza alcun dubbio. Tutti devono andare a scuola, tutti devono avere conoscenza e competenze per un inserimento lavorativo, avere davanti a sé la possibilità di un futuro migliore.
A tutti bisogna garantire opportunità non appiattite e frustranti, anche ai figli dei Rom. La scuola e la cultura devono avere la precedenza. Non il mondo dei sogni ma quello reale dal quale non ci si può allontanare nemmeno un attimo. E i Rom dove li mettiamo? Ovvio “non a casa nostra”. Nessuno li vuole, da sempre, ma da qualche parte andranno, questo è sicuro. Magari costruiranno un altro campo che poi verrà sgomberato. Gli verrà assegnata una casa e ci saranno, forse (?) proteste. E la “vita” continua.