Prostituzione: a Palazzo Moroni qualcuno ci pensa?
Quando si parla di prostituzione e si ostenta sicurezza nel risolvere il problema, si rischia di cadere nella solita retorica di chi non dice la verità o non è consapevole del problema. Ed è ciò che sta facendo ormai da nove mesi il sindaco di Padova che, assieme al suo fedele sottoposto Saia, doveva sgomberare la città dalle macerie, comprese le prostitute, che, secondo loro, aveva lasciato la precedente amministrazione. Ora si fanno i primi conti: che fine hanno fatto le chiacchiere? In strada, nella nostra città, secondo l’associazione Mimosa, ci sono circa 300 prostitute, aumentate di circa 20 unità nel 2014 rispetto al 2013 (una sessantina di italiane i resto da Nigeria, est Europeo e America Latina), dislocate in vari luoghi: Arcella, Pontevigordazere , Zona industriale, Plebiscito. Un fenomeno che esiste e che i sindaci hanno il dovere di governare con gli strumenti che possiedono e non con quelli che pensano di avere. L’ordinanza antiprostituzione del sindaco Zanonato che prevedeva la sanzione da 500 euro a chi si fermava in strada per contrattare la prestazione,è uno strumento che anche Bitonci ha a disposizione ma non usa. Infatti, i primi 4 mesi del 2014, con al governo Ivo Rossi troviamo ben 142 sanzioni, mentre in quasi 8 mesi fino al 15 gennaio, i paladini contro il degrado Bitonci-Saia, solo 92. E’ una palese evidenza data dai numeri perché altri non ce ne sono in merito, della superficialità con cui si è affrontato il problema della tranquillità dei cittadini, della prostituzione, del degrado e della sicurezza, perdendo tempo con i miserabili che tendono la mano. Superficialità e arroganza non aiutano a dare risposte ai cittadini, ma anche alle ragazze che sono sulla strada e che, praticamente tutte, sono sottoposte ad una forma di racket: chi viene minacciata personalmente, chi con ripercussioni verso la famiglia, chi paga il marciapiede. L’amministrazione sta aspettando la legge sulle case chiuse da portare in zona industriale perché il sindaco ne è firmatario? E intanto che cosa ha intenzione di fare? Di rimanere nel suo ufficio e aspettare tempi migliori? Il contrasto è necessario non solo per il degrado che la presenza di queste persone può creare, ma perché dietro ad ognuna di loro c’è una storia, una vita vissuta e molta sofferenza. Soluzioni come le vetrine di Amsterdam, diventate attrazioni turistiche e in via di estinzione o i quartieri tedeschi, spesso zone off limits, non sembrano le migliori. In una città come la nostra, la collaborazione tra forze dell’ordine, amministrazione, associazioni che seguono la ragazze come La Mimosa per affrontare il problema è necessaria. Meno arroganza e più concretezza, il tempo dei proclami è finito.