Musei a Padova, il futuro è domani.
Sono passati quaranta anni da quando il museo civico è stato trasferito dal Santo all’attuale sede degli Eremitani. Nel bellissimo complesso conventuale, che ha subito diversi rimaneggiamenti soprattutto dopo la sua parziale distruzione dovuta al bombardamento della seconda guerra mondiale, il museo ha trovato dignità e bellezza. Negli anni i miglioramenti sia dal punto di vista della logistica che espositivi, hanno rigenerato e riammodernato il Museo civico offrendo nuovi percorsi diversificati e rappresentativi, nuove opportunità e inserimenti di pregio storico-artistico mettendo sempre più in luce le sue particolarità e le sue unicità.
Ma i soli ritocchi, seppur positivi, hanno fatto il loro tempo ed è evidente e necessario un salto di novità e qualità. Soprattutto perché le esigenze dei visitatori sono cambiate. Il numero è in continuo aumento, sono cambiati generalmente i modi in cui si visitano e, oltre all’attenzione e l’emozione dei più, spesso si aggiungono anche la preparazione e lo studio. Se il nostro museo, o il nostro sistema museale, vuole essere all’avanguardia e continuare a raccogliere il riconoscimento di uno dei più importanti musei in Italia, non può più aspettare. L’Urbs Picta ha segnato uno spartiacque tra il prima e il dopo e accogliere migliaia di visitatori, oltre ad aumentare e rinnovare le proposte, richiede che i servizi, la riorganizzazione espositiva, il collegamento tra le varie sedi, la presenza e la versatilità di nuove aree per mostre temporanee, la comunicazione sempre più necessaria, rapida ed evoluta, la sempre più esigente didattica museale, abbiano l’attenzione dovuta.
Pensiamo all’inderogabile eliminazione delle barriere architettoniche, alla revisione degli impianti ora poco funzionali al risparmio energetico. Bisogna risolvere il pesante problema dell’ingresso del museo già progettato dall’arch. Franco Albini negli anni ’60 e approvato nel ’73 dal Ministero. Albini aveva pensato alla ricostruzione dell’edificio neogotico demolito negli anni ‘60 che, secondo lui, avrebbe “ricreato la giusta prospettiva per una corretta lettura della chiesa degli eremitani”. Progetto mai realizzato così come non è mai stato completato lo stesso museo. Una “architettura incompiuta” scrive la d.ssa Francesca Veronese, direttrice dei musei, con la cronica mancanza di spazi con la difficile cogestione espositiva. Ricordiamo la relativamente recente proposta della copertura in vetro del chiostro, poi stralciata, che potrebbe essere utile per recuperare ulteriori e necessari ambienti.
E così l’accoglienza degli stessi visitatori che avrebbe potuto essere valorizzata con un “ingresso monumentale” come scriveva Albini e che ora è relegata in superfici anguste e non all’altezza. Il miglioramento dello shop e della sua offerta, la preparazione degli operatori che devono essere sempre più adeguati ad una presenza attiva anche con una competenza linguistica con almeno la lingua inglese veicolare, in linea con le richieste dei turisti che arrivano da ogni parte del pianeta. L’offerta museale ha le sue esigenze e la nostra città è all’altezza per poterle soddisfare. E se si tratta di offerta museale complessiva, pubblica e privata, lo sguardo deve essere rivolto a tutti i musei per farli dialogare tra di loro. Meglio sarebbe non seguire strade faticose e autonome con risultati importanti ma che potrebbero migliorare con il continuo, reciproco e propositivi confronto tra tutti.
Tutto ciò ha bisogno di un ripensamento per ridare ordine, sviluppo e sempre maggiore credibilità oltre che duttilità. I musei padovani hanno la loro dignità riconosciuta a livello universale che non si può perdere in una estenuante attesa di ciò di cui c’è necessità. In città ci sono professionisti che, assieme all’amministrazione, sono sicuramente in grado di occuparsene senza perdere ulteriore tempo. E ci sono anche operatori economici che hanno a cuore le bellezze della propria città e sanno come supportare i grandi cambiamenti di cui la cultura padovana ha bisogno.