Cucine popolari: varcare la soglia
Entrando stamattina alle cucine popolari di Via Tommaseo, mi è sembrato di entrare in un mondo particolare, anzi in mondi particolari. Fatti di volti, di colori, di odori, di stranezze che, al di fuori possono far arricciare il naso o lanciare sguardi un po’ strani, che lì , invece, diventano la quotidianità di un’umanità Suor Albina mi accoglie con gentilezza. Ha ricevuto una importante e straordinaria eredità da suor Lia che per anni ha gestito le cucine, le ha difese e ha accolto tutti pur sapendo che non era facile e poteva essere semplicemente un piatto caldo e una buona parola. Chi vive ai margini da anni ha bisogno anche semplicemente di sentirsi accolto e ascoltato per qualche istante. Fa freddo, sono circa le 10 del mattino e le persone, soprattutto maschi, stanno seduti in attesa di un thè caldo che poi diventerà, più tardi, un pasto caldo.
Qualcuno aspetta fuori, sui pochi gradini che precedono l’ingresso. Tutti piuttosto silenziosi, dai giovani ai più anziani, da chi ha ancora speranza a chi, la speranza, forse, l’ha perduta e tutto ciò che ha è ritrovarsi per qualche ora nel conforto di uno spazio nel quale nessuno ti spinge fuori, anzi. Probabilmente non tutti saranno santi ma, fuori da quella soglia, forse qualcuno può dirsi “più santo” di chi sta dentro? Le Cucine Popolari sono un servizio, si direbbe nel freddo gergo burocratico, ma qui non può essere solo un servizio, solo un gesto seppur fondamentale. Qui, davanti ci stanno occhi che guardano, sofferenze, violenze subite, ci stanno notti insonni, al freddo o in un dormitorio comune.
Qui ci stanno giornate sempre uguali. Ma tutti sanno che alle cucine popolari c’è qualcuno che li aiuta a vivere più dignitosamente: un medico che può curarmi, un ginecologo che mi può visitare, una doccia calda con degli abiti puliti. Suor Albina, la direttrice, e suor Federica sono presenze attente, discrete, ma determinate a voler far capire ai cittadini che stanno fuori dalle cucine e che non varcano la fatidica soglia della difficoltà, che le cucine popolari esistono, sono una realtà presente e viva. E che sono in città.
Vorrebbero far capire che, al di là delle situazioni complesse di ognuno, ci sono e vogliono farsi conoscere dalla città distratta. Ci sono poi storie che hanno avuto un lieto fine. Donne e uomini che, transitati dalle cucine in un momento di grande difficoltà, ora hanno trovato lavoro e, ogni tanto, portano un’offerta per ringraziare ed essere riconoscenti. Oggi è la vigilia di Natale e le cucine lavorano come ogni altro giorno. Operatori e volontari che preparano i pasti e tutto ciò che serve per rendere migliore la vigilia. Probabilmente, per molti, una giornata come tutte le altre. E così, forse, lo sarà anche domani.
Giorno in cui si ricorda che, la famiglia del Figlio di Dio è stata rifiutata dai più e per fa nascere il proprio figlio, ha trovato un riparo di fortuna. Non so se le Cucine Popolari sono un riparo di fortuna, ma certo, un riparo in cui, chi vi entra può rimanere, se non altro, un po’ più sereno di qualche momento prima. Questo è il Natale di serenità in quel luogo aperto, rispettoso e, spero, sempre rispettato.