Referendum eutanasia: sempre più dubbi!
Andando a leggere con cura il breve quesito referendario, sorgono una infinità di dubbi e perplessità. Ma vediamo di cosa si tratta. Il referendum vorrebbe abrogare parte dell’art. 579 del codice penale: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni….” Il referendum sull’”eutanasia legale” chiede al cittadino, quindi, di abrogare la parte riguardante la punibilità di chi “cagiona la morte” cioè uccide chi gli ha dato il consenso per farlo. Salvo se il consenso arriva da un’infermo di mente, un minore o se lo stesso consenso venga estorto.
I proponenti, pertanto, ritengono che questo sia il passo fondamentale per aprire la strada all’eutanasia legale, cioè, chi chiede di essere ucciso sarà soddisfatto nella sua disposizione senza che chi commette l’omicidio, o lo aiuta a morire, venga punito. Spero che ognuno abbia chiaro il senso di questo quesito il quale, qualora fosse ammesso dalla Corte Costituzionale e approvato dai cittadini, potrebbe aprire scenari che poco hanno anche fare con ciò che viene da mesi propagandato. Praticamente ognuno, a prescindere dalla sua condizione di malattia irreversibile, di sofferenza disumane e senza alcuna speranza, può chiedere di essere ucciso senza che chi lo uccide venga punito.
Quindi, paradossalmente, anche una persona sana può chiedere di essere uccisa. Il referendum abroga parte dell’art. 579 ma la propaganda ne svilisce il senso e, soprattutto, le imprevedibili conseguenze. Non si specifica chi può chiedere di essere ucciso o, meno cruentemente ,di essere aiutato tout court a chiudere la sua esistenza, lasciando aperte porte e finestre verso scenari che banalizzano la morte stessa e la vita. Dire che, qualora uno si trovasse in situazioni drammatiche deve avere la libertà di autodeterminarsi e chiedere che una struttura sanitaria pubblica , quindi dei medici che hanno giurato di tutelare e curare le persone, lo aiuti a morire, non c’entra nulla col quesito referendario, ma col tentativo o la volontà di deviare la conoscenza della questione per far raggiungere l’obiettivo referendario, cioè, “Eutanasia libera e legale”.
Nulla ha a che vedere il quesito e lo stesso concetto di eutanasia col cosiddetto “suicidio assistito”. Se quest’ultimo prevede che il consenziente venga aiutato a “suicidarsi” e quindi a darsi la morte, l’eutanasia richiede che ci sia qualcuno, nel caso il medico, a “dare” la morte, quindi un omicidio. Naturalmente si dirà che non c’è spazio per un omicidio, possiamo dire “gratuito”, perché le valutazioni saranno severe. Ma a questo punto, è la discrezionalità del giudice e la sua interpretazione della legge che dovrà valutare la responsabilità di chi avrà ucciso il consenziente? Così come si capisce anche da un documento scritto da un avvocato dell’associazione Coscioni: “difficile supporre che qualcuno possa spingersi più in là senza correre rischi di essere accusato e condannato” per omicidio. Un modo per far capire che la disponibilità della propria vita è la disponibilità per la propria morte a prescindere dalla situazione psico-fisica specifica. Non si può rendere passaggi così delicati oggetto di un referendum che banalizza, nella sostanza la vita e la morte. Quanti avranno chiaro tutto questo delle circa 1,5 milioni di firme? Ho grossi dubbi.