Corridoi umanitari: insieme Chiesa e Istituzioni
Sono arrivati 162 migranti dalla Libia: “Un fatto storico” commenta il ministro dell’interno Minniti. Un fatto, un’operazione umanitaria complicata che ha dato ottimi risultati. Non è la prima volta. Ma se non ci fosse la Chiesa, con i suoi volontari, con la sua organizzazione, con le associazioni, la Comunità di Sant’Egidio, con la sua millenaria storia di umanità, forse anche il governo italiano sarebbe stato, in questo caso, un po’ più debole.
Se questo è un inizio per riuscire a trovare una via d’uscita ai lager libici, nei quali sono “ospitati” migliaia di migranti africani che non sanno dove andare e cosa fare, credo sia un buon inizio. Speriamo per molti un nuovo inizio. Sono partiti con una speranza, ma in Libia hanno trovato sofferenza e spesso la morte.
I corridoi umanitari che aiutano a trovare spazi di dialogo, di accoglienza, di percorsi di nuova vita per chi si è trovato in mezzo ad un uragano di sofferenza, sono una riposta che la Chiesa riesce a dare, anche se non da sola. Non è solo la Chiesa di papa Francesco, è semplicemente quella di sempre che, con i suoi difetti, si trova sempre vicino a qualcuno che soffre, cerca di ridare speranza a chi l’ha persa, a recuperare dignità a chi gli è stata tolta. Collabora con le istituzioni perché pensa che l’uomo sia la risposta della Chiesa senza pensare a quale uomo. E senza mezze misure.
Possiamo dire che è in grado di trovare risposte anche quando gli altri non le trovano, a governare fenomeni complessi perché sta dalla parte dell’umanità martoriata e spesso dimenticata nei meandri più reconditi della miseria.
Non sarà il Natale 2017 che metterà in moto un mondo di donne e di uomini che sono esperti in solidarietà, ma la loro forza che sprigiona energia e intelligenza per contrastare la povertà nella quale risiedono i volti di chi appare troppe volte in un flash televisivo per essere, subito dopo, dimenticato
Ma anche accanto a noi, nella nostra città, le risposte sono forti. Sono corridoi particolari, che si chiamano ospitalità nelle parrocchie, cucine popolari, aiuti a chi ha perso il lavoro, emergenze per dare un tetto temporaneo ai richiedenti asilo portati nella pubblica piazza da chi ne ha utilizzato la debolezza. Collaborazione costante con le istituzione che, talvolta, hanno necessità di risolvere emergenze. Tutto è così normale e scontato che, se non ci fosse, sembrerebbe una mancanza di chi finora ha sempre garantito questa grande e importante presenza di solidarietà, sensibilità umana e accoglienza.
Umanizzare la nostra città, come dice il vescovo Claudio, è un destino non più derogabile.