• 1989 Die Berliner Mauer, II muro di Berlino. 1-nessuno 100.000
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1989 Die Berliner Mauer, II muro di Berlino. 1-nessuno 100.000

Ormai stiamo arrivando al grande evento del trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. Un giorno, il 9 novembre 1989, che segnò la storia e che trasformò radicalmente il modo di pensarsi come separati e metteva  luce tra le brecce di quella barriera che sembrava invalicabile. Urla di gioia, lacrime, abbracci tra donne, uomini, giovani, anziani uguali ma diversi, facevano presagire un mondo nuovo. SI credeva che quel muro fosse il simbolo ogni muro e che, quindi, da quel momento, nessuno avrebbe mai più pensato e creduto  che in futuro ci fosse qualcuno pronto ad erigere barriere per separare. Quel muro, sorto rapidamente nell’agosto del 1961 volle dividere ciò che era già diviso dopo a fine della 2 guerra mondiale. Con quel muro si pensava di imprigionare vite e speranze.

Tentativi di fuga dall’est all’ovest, scambi di prigionieri, fughe rocambolesche verso la libertà, verso paesi fatti di luci rispetto a paesi che vivevano  il buio della repressione garantita dalla STASI (la Polizia segreta). Si pensava che quel muro rappresentasse tutti i muri costruiti nedownload-4lla storia dagli uomini e la sua caduta fosse il simbolo di eliminazione di ogni  divisione e ogni separazione. La caduta del muro ha unificato, ha fatto riabbracciare due popoli che da sempre erano lo stesso popolo e per anni qualcuno l’ha voluto dividere, violentare,  reprimere e deprimere. E con loro tutti i popoli che stavano oltre la cortina di ferro. Il popolo ha la forza della libertà e della giustizia che nessuno può cancellare. Nessun Checkpoint Charlie, nessuna linea di demarcazione, nessun reticolato, nessun gendarme potrà fermare chi cerca la libertà e una vita migliore.

Quel muro, del quale rimane una lunga traccia in porfido incastonata nell’asfalto delle strade berlinesi e  pochi simbolici metri ad eterna memoria colorati con murales scrostati, ha fatto sorgere nei pressi della porta  di Brandeburgo, il monumento alla tragedia della Shoa che  qualcuno vorrebbe dimenticare. Altri muri oggi, purtroppo,  continuano a violentare, a frustrare popoli, a dire che c’è ancora chi sta da una parte, quella migliore, e chi non può attraversare quella parte. Chi ha riunificato due nazioni per ricostituire  lo stesso popolo tedesco, chi ha aperto frontiere e chi ha creduto che per la libertà valesse la pena vivere, soffrire e anche morire ora, forse, guarda sbigottito a tutto ciò. Le garrite si alzano a garanzia di confini che si pensava eliminati; uomini in divisa continuano a sparare per difendere i nuovi muri, uomini e donne continuano a morire nella, talvolta folle, corsa verso una vita di speranza per un futuro diverso.

Ma sono là, a milioni, dietro ai muri di spregiudicati personaggi, ben nascosti da occhi indiscreti che potrebbero vedere, giudicare la sofferenza o, forse, anche commuoversi. Così come migliaia di esseri umani stanno dall’altra parte del muro di acqua e attendono di essere condotti come bestie in contenitori scalcinati per tentare, a rischio della vita, la sua attraversata. Difficile trovare un senso a queste storie. L’uomo preferisce non sapere, chiudere gli occhi, rinchiudendosi nelle sue case pensando che alzando barricate, rifiutando chi crede ancora in un sogno, tutto sia più sicuro sperando che nessuno venga a bussargli alla porta. Ma  libertà e  felicità  scuotono le montagne e abbattono le barriere. E poi “…pensate se questo è un uomo…”.

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