I nostri figli se ne vanno
Il refrain che ci tormenta da tempo è: “I nostri figli vanno via dall’Italia”. Li abbiamo formati per anni, i genitori hanno investito talvolta più di quello che potevano per dare loro un futuro, le Università hanno generato innovazioni, specializzazioni, ricerca per prepararli al meglio e ora questi non mettono la loro preparazione e competenza a disposizione di altri paesi. L’Italia ha deciso di non investire su di loro?
94.000 nel 2006 e 130.000 nel 2020 sono andati via dall’Italia. La maggior parte sotto i 34 anni. Le cause sono molteplici compresa, naturalmente, l’occupazione: in Italia i giovani occupati sono il 30% (molto diversa tra nord e sud) la media europea è del 46% (Fonte AIRE). Tra qualche settimana andremo a votare per il Parlamento Europeo. Una bella sfida tra europeisti, non europeisti, sovranisti e via dicendo. Ma chi crede nell’Europa, nelle sue immense possibilità e opportunità, nella fatica di trovare equilibri complicati tra le varie politiche degli stati sovrani, non può pensare che i ragazzi italiani vivano Europa stando fermi. In quell’Europa che i loro nonni ha loro dato e che ora è il loro futuro.
Quindi, chi ha chiaro cosa sia l’Europa, questo grande continente costruito con fatica sulla democrazia, in tutte le sue dinamiche economiche, ambientali, culturali, sociali, dei diritti dell’uomo non può sentirsi frustrato perché i propri figli vanno in Germania, in Francia, in Romania, in Spagna e via dicendo. Anzi, guardarsi attorno e cogliere le opportunità di studio, di lavoro, retributive in un mondo che si muove e si rinnova rapidamente è un segno dei tempi che i nostri figli colgono al volo, talvolta senza che noi ce ne accorgiamo. Grandi esperienze che aiutano a crescere e a contribuire allo sviluppo e all’innovazione che fa grande l’Europa. Se i nostri figli si muovono anche i figli di chi abita negli altri paesi europei si muovono. Ma perché non vengono in Italia, se non poco?
Forse l’Italia non è un’opportunità per gli altri? Abbiamo il più grande patrimonio artistico al mondo, un territorio fantastico, l’Italia è parte dei più grandi paesi industrializzati del mondo eppure i giovani si recano altrove. La necessità di lavori specializzati e anche non specializzati ha una suo percorso per riuscire ad essere soddisfatta, ma l’attrattività per le teste pensanti manca. A parte gli Erasmus universitari, gli scambi culturali, i soggiorni culturali e linguistici, ci manca la forza per avere tra di noi tedeschi, francesi, inglesi ecc. se non ad altissimi livelli. Cosa manca? Probabilmente anche su questo bisogna investire, offrendo opportunità di scambio, posti lavoro in cui i giovani stranieri siano riconosciuti e dignitosamente retribuiti. Bisogna credere e far credere che vale la pena venire in Italia o rimanere in Italia.
I nostri porti non si chiuderanno facilmente per chi esce ma spero si aprano per chi entra non solo per una bella vacanza. Nel tempo dell’Intelligenza Artificiale, con i timori che la inseguono, bisogna pensare di vivere “almeno” in Europa e guardare tutto con occhi nuovi. Parola al nuovo Parlamento Europeo, alla politica e all’economia. Per fortuna, i giovani, si muovono.
Caro Nereo,
concordo sul fatto che il mercato del lavoro per i nostri giovani non è più solo l’Italia, ma l’Europa e oramai oltre oceano/i. Soprattutto per chi ha investito in cultura, l’Italia non offre in termini remunerativi quello che offrono altri paesi occidentali. Quindi non attiriamo i cervelli o i giovani stranieri semplicemente perchè le nostre remunerazioni sono anacronistiche.
Sono all’Università da decenni e conosco bene il problema. Riusciamo a malapena attrarre giovani dal medio oriente e da alcuni paese asiatici molto poveri o dove insistono regimi politici.
Se la politica, in questo caso italiana, non riesce a risolvere il problema della remunerazione, vedo difficile che giovani europei vengano da noi. L’esempio è che molti americani, inglesi, tedeschi ecc… comprano case da noi per le vacanze, spesso sono pensionati e non per venire a lavorare.
Politiche sociali e del lavoro da ripensare con attenzione.
Forse, se si risolvesse iul problema della remunerazione, non solo arriverebbero giovani stranieri qualificati, ma anche nmmolti dei nostri rimarrebbero. Al momento…un sogno